ARTICOLI E NOTIZIE SULLA MASSONERIA

martedì 5 maggio 2009

Dalla P2 alla P3: il Papa / 2

Dalla P2 alla P3: il Papa / 2


Oltretutto, ci sarebbero state anche "ragioni di ufficio" molto
importanti che avrebbero dovuto spingere il generale Santovito a
chiedere udienza: il Sismi, infatti, aveva un ruolo non secondario per
quanto riguardava la sicurezza del Santo Padre, quando Giovanni Paolo
II era impegnato nei suoi frequenti viaggi all'estero» .
Appurata l'esistenza a Zurigo del dossier contro monsignor Marcinkus,
Pazienza ne aveva riferito a monsignor Celata. «Coloro che mi
avrebbero potuto fornire tali documenti, tuttavia, volevano denaro, e
per quanto mi constava né il generale Santovito né monsignor Celata
avevano intenzione alcuna di sborsare denaro... Quando ebbi il primo
incontro con Calvi, nei marzo 1981, a Roma, egli era gia perfettamente
a conoscenza di questa embrionale attività da me svolta per conto del
cardinale Casaroli e nell'ambito di quello scontro di fazioni
contrapposte in atto in Vaticano. Ebbi pertanto la sensazione che
Calvi avesse voluto vedermi soltanto per carpirmi informazioni su
questa vicenda... Gli dissi che mi ero stancato di lavorare per il
Sismi [e allora Calvi] mi chiese se volessi diventare il suo
consulente personale... Lasciai il Sismi per diventare consulente di
Calvi».
Il tentativo operato da Calvi di coinvolgere l'Opus Dei
nell'azionariato del Banco Ambrosiano si protrasse per alcuni mesi,
nei corso dei quali il banchiere massone fece pervenire al cardinale
Palazzini proposte, documenti, e "confidenze" sulle connessioni
segrete fra lo Ior e l'Ambrosiano. In pratica, Calvi proponeva alla
fazione opusiana di estromettere monsignor Marcinkus dalla presidenza
dello Ior, di affidare la banca papale a un fiduciario dell'Opus Dei,
e di far rilevare dallo Ior una quota societaria del 10 per cento del
Banco Ambrosiano per 1.200 milioni di dollari.
A febbraio del 1982 il cardinale Palazzini diede risposta negativa.
Probabilmente quelli dell'Obra «avevano fiutato l'affare, ma dovevano
vedersela con il cardinale Casaroli, interessato a impedire che l'Opus
Dei, così ostile ai sovietici e tanto amica dei polacchi di
Solidarnosc, mettesse le mani su un impero finanziario [Ior-Banco
Ambrosiano, ndr]. Il Papa la pensava come il cardinale Palazzini, pero
non voleva problemi con il suo segretario di Stato», e men che meno
con la fazione massonico-curiale.
Secondo la testimonianza resa da Pazienza in sede giudiziaria, in
quello stesso periodo «Calvi venne a Roma e mi disse che stava
recandosi in Vaticano, approfittando che era assente Luigi Mennini...
Calvi, dal momento in cui non aveva potuto più disporre del suo
passaporto e per di più era incorso nelle note disavventure
giudiziarie, aveva preso a servirsi del sistema di comunicazione e dei
telex in Vaticano, ogni qualvolta aveva bisogno di muovere capitali di
sua pertinenza all'estero... Nell'occasione Calvi mi disse appunto che
intendeva approfittare dell'assenza di Luigi Mennini, da lui definito
un ficcanaso, per disporre movimentazioni di denaro approfittando dei
telex del Vaticano. In particolare mi disse che in quel momento [nella
sede dello Ior] c'era solo monsignor De Bonis, e aggiunse che, per
poter ordinare l’operazione, aveva bisogno immediatamente del nome di
una società panamense sulla quale operare».
La serata de la Santa Pasqua del 1982, l'11 aprile, il Pontefice la
trascorse nel cortile vaticano di San Damaso, tra canti e suoni di
chitarre: vi erano riuniti, a migliaia, studenti universitari di 36
Paesi, organizzati e convogliati dall’Opus Dei al cospetto del Santo
Padre.
La regia dell'Obra fu come sempre impeccabile. Il Pontefice - che
teneva sulle spalle uno scialle nero per ripararsi dalla frescura
serale - si intrattenne a lungo con gli studenti, e l'incontro culminò
quando Giovanni Paolo II li invito a recitare con lui il Pater noster
in latino e a cantare in coro una invocazione alla Vergine Maria.
L'articolazione mondiale, l'efficienza organizzativa, l'assoluta
discrezione e riservatezza, la capacita aggregativa dell'Opus Dei
erano per il Santo Padre un'oasi rassicurante, nell'ambito di una
Chiesa percorsa ancora e sempre da disordini e tensioni, con una Curia
romana paludosa, ostile e infida. La forza silenziosa e ordinata
dell'Obra era il solo conforto e la sola fonte di sicurezza per il
Sommo Pontefice, ancora convalescente e scosso dall’attentato subito,
e gravemente angustiato per la situazione polacca.
Il 13 maggio 1982, anniversario dell'attentato di piazza San Pietro,
Giovanni Paolo II si recò al santuario mariano di Fatima: intendeva
rendere omaggio alla Vergine Maria, la cui intercessione - sosteneva
la fazione opusiana - aveva impedito che le pallottole sparate da Alì
Agca lo colpissero a morte.
Nella basilica di Fatima, al termine della "processione delle
candele", mentre il Papa risaliva l’altare, tra i fedeli assembrati un
uomo in abito talare gridò «Abbasso il Concilio Vaticano II! Abbasso
il Papa! Abbasso il comunismo!» e tentò di colpire il Santo Padre: era
armato di una baionetta di fucile. Il pronto intervento del servizio
di sicurezza vaticano impedì il peggio. «L'arcivescovo Marcinkus e il
capo delle cerimonie del Vaticano, il reverendo John Magee, sono stati
visti parlare nervosamente con il Pontefice nel tentativo - sembra -
di convincerlo a lasciare immediatamente la Basilica. Il Papa con voce
affaticata ha impartito la benedizione finale all'immensa folla e si e
allontanato da un'uscita laterale» .
Subito fermato e tratto in arresto, il mancato attentatore gridò
ancora: «La crisi della Chiesa e colpa del Concilio, del Papa e del
cardinale Casaroli!». Era don Juan Antonio Fernandez Krohn, un
sacerdote trentaduenne ex seguace di Marcel Lefebvre e vicino alla
setta Tfp ("Tradizione, famiglia, proprieta").
Il 30 maggio Roberto Calvi rivolse un estremo appello al cardinale
Palazzini, inviandogli una lettera dai toni accorati: «Eminenza
reverendissima, sento il dovere di rivolgermi ancora una volta alla
sua illuminata e degnissima persona per informarla degli ultimi
spaventosi sviluppi delle mie vicissitudini con lo Ior che stanno
pericolosamente conducendo i miei interessi e quelli più importanti
della Chiesa verso un sicuro disastro».
Dopo aver imputato a monsignor Marcinkus «una inconcepibile
insensibilità ai reali interessi della Chiesa», nella sua lettera al
porporato filo-Opus Dei il banchiere della P2 attaccava la fazione
massonico-curiale, accusando il cardinale Casaroli e monsignor
Silvestrini di essere gli artefici di «un complotto che, in connivenza
con le forze laiche e anticlericali nazionali e internazionali
[massoneria, ndr], mira a modificare l'attuale assetto del poteri
all'interno della Chiesa». Un complotto mosso fra l'altro da «invidia
verso il Santo Padre per la popolarità e la stima di cui gode nel
mondo», dalla «mancanza della più elementare convinzione religiosa e
di ogni sensibilità umana», e da un «arrembaggio del potere».
«In siffatte condizioni», scriveva ancora Calvi, «cosa posso sperare
io, responsabile come sono di aver svolto un'intensa opera di
banchiere nell'interesse della politica vaticana in tutta l’America
Latina, in Polonia e in altri Paesi dell'Est?». E infine la richiesta:
«Eminenza reverendissima, perché non mi procura l’opportunità di poter
parlare di un fatto così importante, cosi storicamente importante, col
Santo Padre? E’ questo un fatto, una storia anzi, una storia tanto
grande che va trattata nella sua dimensione integrale soprattutto al
fine di impedire che si realizzino i progetti dei nemici della Chiesa
e dell'intera cristianità. Soltanto attraverso un tempestivo ed
energico intervento la Santa Sede potrà difendere i suoi legittimi
interessi ed evitare quindi di favorire il gioco dei nemici» .
Domenica 6 giugno, festa della Santissima Trinità, nel corso di una
messa in San Pietro Giovanni Paolo II ordinò sacerdoti 32 appartenenti
all'Opus Dei di 17 nazionalità. L'indomani arrivò in Vaticano il
presidente Usa Ronald Reagan.
Appartati a quattr'occhi in una saletta della Biblioteca privata, il
Papa e il presidente americano concordarono un piano segreto per
soccorrere Solidarnosc, messo fuorilegge dal giro di vite autoritario
del generale Jaruzelski e in grave difficoltà dopo l'incarcerazione
del vertice. Anche gli Stati Uniti reaganiani erano interessati a
destabilizzare il regime di Varsavia per tentare di scardinare
l'assetto geopolitico-militare di Yalta, e come il Vaticano anche gli
Usa erano però costretti a operare con la massima segretezza per
evitare la reazione militare dell'Urss e il pericolo di un conflitto
bellico mondiale.
Il Pontefice polacco e il presidente americano concordarono di
intensificare gli aiuti a Solidarnosc: non solo nuovi, massicci
finanziamenti, ma anche materiale (ricetrasmittenti, macchine
tipografiche, fotocopiatrici, fax, videocamere, computer, ecc.) e
informazioni di intelligence. La base di coordinamento del piano venne
stabilita a Bruxelles, dove periodicamente si sarebbero incontrati
sacerdoti polacchi di Solidarnosc, emissari vaticani e agenti della
Cia. Monsignor Marcinkus si occupo di convogliare al sindacato
clandestino anche i finanziamenti Usa, che si appaiavano ai fondi Ior-
Ambrosiano.
Dell'accordo Wojtyla-Reagan vennero tenuti all'oscuro sia la
Segreteria di Stato vaticana, sia il Dipartimento di Stato americano.
Ma in alcuni dicasteri curiali, l'indomani, c'era chi ne era
perfettamente al corrente.
Il 12 giugno 1982 Roberto Calvi lascio l' Italia. Quarantottto ore
dopo monsignor Marcinkus firmò una lettera di dimissioni dal Consiglio
di amministrazione del Banco Ambrosiano Overseas di Nassau -
dimissioni molto, troppo tempestive, come dimostrava la motivazione
speciosa: «E’ per me diventato impossibile trovare il tempo per essere
presente alle riunioni dei consigli di amministrazione, a causa dei
molti impegni collegati alle mie attuali responsabilità».
Il 16 giugno il direttore generale dell'Ambrosiano, Roberto Rosone, si
recò in Vaticano, presso la sede dello Ior: «Dai responsabili del
Settore estero del Banco avevo saputo che il Banco Ambrosiano Andino
aveva fatto, in sostanza, del grossi finanziamenti allo Ior, ovvero a
società a esso facenti capo e che erano stati garantiti con una serie
di pacchetti azionari di ottima immagine, tra cui il 10 per cento
circa di azioni del Banco Ambrosiano (circa 5 milioni e 300 mila
azioni). Seppi in particolare che il credito complessivo del Banco
Andino si aggirava su un miliardo e 300 milioni circa di dollari Usa.
Alle mie perplessità, Calvi mi aveva chiesto se per caso non mi fidavo
- facendo dell'ironia - della banca centrale del Vaticano, e che c'era
comunque una lettera di impegno dello Ior in possesso dell'Andino.
Fu per questo che, essendo in scadenza un debito dell’Andino, mi recai
- assente gia ormai Calvi - personalmente presso lo Ior perché
cominciasse a far fronte all'impegno in modo da costituire una
liquidità presso l'Andino con la quale questo potesse pagare il suo
debito. Mi recai allo Ior con l’amministratore delegato della Centrale
spa dottor Leemans. Avemmo un colloquio, presso la sede dello Ior in
Roma, Città del Vaticano, con il dottor Mennini [amministratore
delegate dello Ior, ndr] e il dottor De Strobel. Ci fu detto che il
presidente dello Ior monsignor Marcinkus era indisponibile giacché
appena rientrato con il Papa da Ginevra. Fu per questo che parlammo
con gli altri due responsabili della banca vaticana.
I predetti alla mia richiesta di cominciare a far scendere
l'esposizione dello Ior nei confronti del Banco Ambrosiano Andino si
mostrarono estremamente preoccupati e non diedero delle risposte
esaurienti. Ricordo che costellarono i loro discorsi di frasi del
tipo: "L'abbiamo fatto per Calvi", quasi a voler disconoscere o
mettere comunque in dubbio la lettera dello Ior di patronage con la
quale lo Ior si era formalmente impegnato nei confronti dell'Andino
dichiarando la proprietà effettiva delle società debitrici dell'Andino
stesso. Ricordo che ci lasciammo in maniera alquanto interlocutoria,
anche perché io dovevo rientrare rapidamente a Milano; rimase a Roma
il dottor Leemans, il quale mi telefonò il giorno successivo dicendomi
che i responsabili dello Ior avevano manifestato un orientamento a
fare una sorta di transazione, ossia a restituire il puro capitale,
senza interesse alcuno.
Devo dire che questa e stata poi la ragione determinante che mi ha
spinto a chiedere il commissariamento [del Banco Ambrosiano, ndr}. In
banca era risaputo che il gruppo di controllo dell'Ambrosiano era
costituito dallo Ior. Ritengo che Calvi rappresentasse gli interessi
dello Ior nel Banco».
Il 17 giugno le autorità monetarie italiane deliberarono la
liquidazione coatta del Banco Ambrosiano.
L'indomani, a Londra, sotto le arcate del Blackfriars Bridge (il ponte
dei Frati neri, sul Tamigi), venne trovato il cadavere di Roberto
Calvi impiccato. Il banchiere massone si era reso irreperibile,
fuggendo dall'Italia, sei giorni prima - aveva detto ai suoi
familiari: «Se mi succede qualcosa, papa Wojtyla dovrà dare le
dimissioni». Un collaboratore di Calvi, il faccendiere Flavio Carboni,
dichiarò che il banchiere della P2 pochi giorni prima di morire aveva
allacciato contatti con l'Opus Dei; l'Obra smentì.
Né il loquacissimo Pontefice, né la Santa Sede, spesero una sola
parola di pubblico cordoglio e di umana pietà per la tragica e
enigmatica morte violenta di colui che per molti anni aveva operato
sui mercati finanziari internazionali con il soprannome di "banchiere
di Dio" e in società con le finanze papali. Primario interesse delle
due fazioni vaticane in guerra, e dello stesso Papa polacco, era che
sullo scandalo Ior-Ambrosiano, e sul cadavere di Roberto Calvi,
venisse posta al più presto la pietra tombale.
Il 26 giugno, nella basilica di Sant'Eugenio, a Valle Giulia, il
presidente generale dell'Opus Dei Alvaro del Portillo celebrò una
solenne messa di suffragio in occasione del settimo anniversario della
morte del fondatore dell'Obra, Josemaria Escriva de Balaguer.
Assistettero al solenne rito i cardinali Pietro Palazzini e Umberto
Mozzoni, e il nunzio apostolico in Italia monsignor Romolo Carboni
(presente anche l'onorevole Giulio Andreotti).
A meta luglio la stampa riportò alcune indiscrezioni di fonte
giudiziaria, secondo le quali i magistrati italiani alle prese con
l'inchiesta sulla bancarotta dell’Ambrosiano avevano trovato traccia
documentale di alcuni finanziamenti del Banco al sindacato polacco di
Solidarnosc, fra i quali un versamento «di 14 miliardi di lire»
attraverso un giro di «consociate estere collegate allo Ior».
Il 19 agosto Carlo Calvi, figlio del defunto banchiere, confermò al
"Wall Street Journal" che suo padre aveva chiesto l'intervento
dell'Opus Dei per salvare l’Ambrosiano dalla bancarotta. L'Obra smentì
di nuovo. Secondo il giornalista spagnolo Rossend Domenech Matillo,
poche settimane prima di essere ammazzato Roberto Calvi aveva ricevuto
una lettera da Licio Gelli: il capo della P2 gli confermava che tali
Finetti e Seigenthaler, indicati come cassieri romani dell'Opus Dei,
si stavano «occupando di tutto» per salvare l'Ambrosiano dalla
bancarotta.
Il 23 agosto il portavoce vaticano, padre Romeo Panciroli, dichiarò
ufficialmente che «il Papa ha deciso l'erezione a Prelatura personale
dell'Opus Dei», ma precisò: «La pubblicazione del relativo documento
viene rimandata per motivi tecnici». Il portavoce vaticano non spiegò
quali fossero i «motivi tecnici», che erano in realtà le ultime,
strenue resistenze della fazione massonico-curiale.
Il 13 settembre monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea e
presidente di "Pax Christi", parlò in un'intervista dello scandalo Ior-
Ambrosiano: «Quello che più direttamente può turbare sono i contatti
cosi frequenti e profondi di monsignor Marcinkus con finanzieri
compromessi come Sindona e Calvi, esponenti fra l'altro della
massoneria. Forse e vero che la massoneria americana ha una storia
meno anticlericale, ma qui turba molto vedere uomini di Chiesa che
vanno a braccetto con la parte peggiore della massoneria» .
Il 23 settembre il deputato socialista Mauro Seppia (membro della
Commissione d'inchiesta sulla Loggia massonica P2 istituita dal
Parlamento italiano) dichiarò: «Occorre sapere quanti elementi della
P2 sono iscritti anche all'Opus Dei e all'Ordine dei Cavalieri di
Malta». Con un perentorio comunicato, l'Obra replicò: «Nella maniera
più categorica non e mai esistito, né può esistere, alcun tipo di
rapporto fra l’Opus Dei e qualsivoglia organizzazione massonica...
Nessun appartenente alla P2 è, o è stato, membro dell'Opus Dei».
Dal carcere di Ascoli Piceno, nel quale scontava la condanna
all'ergastolo per l'attentato al Papa, il 24 settembre Alì Agca invio
una singolare missiva al cardinale Silvio Oddi. Il killer turco
scrisse fra l'altro al porporato vicino all'Opus Dei: «Devo confessare
che io ho paura di voi di Vaticano: un giorno potete uccidermi,
direttamente o indirettamente».
Il 7 ottobre Clara Calvi, moglie del defunto banchiere
dell'Ambrosiano, in un'intervista rilasciata a Washington si disse
convinta che suo marito fosse stato assassinato per ragioni legate
«all'ultima operazione preparata da Roberto, e per cui si era recato a
Londra: l'assunzione dei debiti dello Ior da parte dell'Opus Dei. Era
un'operazione rischiosa, politica oltre che economica. In cambio
dell'aiuto, l'Opus Dei chiedeva precisi poteri in Vaticano, ad esempio
nella determinazione della strategia verso i Paesi comunisti e del
Terzo mondo. In Vaticano c'e una profonda spaccatura tra fautori e
avversari dell’Ostpolitik, tra sinistra e destra... Marcinkus e
Casaroli erano contrari [all’intervento finanziario dell'Opus Dei]
perché per loro significava la perdita almeno parziale del potere e
l'inizio della fine dell'Ostpolitik. Ma il Papa era d'accordo».
Il 27 ottobre la Sala stampa della Santa Sede informò che il capitano
della Guardia svizzera Alois Estermann avrebbe scortato il Pontefice
durante la visita pastorale in Spagna (31 ottobre-9 novembre), con il
compito di garantirne la sicurezza. Una "promozione" sorprendente e
senza precedenti nella storia del Corpo: Estermann era entrato nella
Guardia svizzera pontificia solo due anni prima. Quello nella patria
originaria dell'Opus Dei fu il primo di una lunga serie di viaggi
apostolici che l'ufficiale legato all'Obra affrontò al seguito del
Santo Padre, come "speciale" garante della sicurezza personale di papa
Wojtyla.
Il 27 novembre, cioè ben tre mesi dopo l’annuncio della decisione
papale, la Congregazione per i vescovi ufficializzò la erezione
dell'Opus Dei a Prelatura personale - la prima, nella storia
plurisecolare della Chiesa di Roma; il Pontefice ne nominò primo
prelato monsignor Alvaro del Portillo.
"L'Osservatore Romano" pubblicò la notizia con un celebrativo commento
del prefetto della Congregazione per i vescovi, cardinale Sebastiano
Baggio il quale si era dato un gran daffare perché l'organizzazione di
Escriva de Balaguer ottenesse l'ambitissimo status. Un impegno assai
strano, dal momento che il cardinale Baggio era ritenuto uno dei
maggiorenti della fazione massonico-curiale: già indicato come
presunto affiliate alla "Gran Loggia vaticana", aveva un fratello -
Francesco Baggio - affiliate alla Loggia segreta P2.
Nell'autunno del 1982, presso l'ambasciata italiana a Washington, i
magistrati milanesi Bruno Siclari e Pierluigi Dell'Osso interrogarono
Clara e Anna Calvi (rispettivamente moglie e figlia del banchiere
massone trovato cadavere a Londra). La vedova Calvi, tra l'altro,
dichiarò:
«Credo che mio marito entrò a far parte della massoneria in quel
periodo [1971, ndr] Cosa che mi disse successivamente, precisando di
essere state "iniziato" a Ginevra. In quegli stessi anni mio marito
aveva degli stretti rapporti di affari e degli intensi contatti con lo
Ior, la banca vaticana, e in particolare con Luigi Mennini, che ne era
l’esponente più tecnico [amministratore delegato, ndr]. In tale
contesto di rapporti vi era una frequentazione anche delle rispettive
famiglie. I contatti erano frequenti anche con il presidente dello
Ior, monsignor Marcinkus, che entrò, su designazione di mio marito e
proprio per gli stretti e intensi rapporti intercorrenti fra lo Ior e
il Banco Arnbrosiano, a far parte del consiglio di amministrazione
della consociata estera dell'Ambrosiano alle Bahamas, l'Overseas di
Nassau. Per tale motivo vedevamo abbastanza spesso il Marcinkus a
Nassau, dove era nostro ospite in occasione di tutti i consigli di
amministrazione.
Ad avvicinare ulteriormente mio marito agli ambienti clericali fu lo
stesso Umberto Ortolani [avvocato-finanziere massone, ndr], che era
molto vicino a tali ambienti ed era, in particolare, molto amico del
defunto cardinale Lercaro. Tengo a evidenziare che in quel periodo mio
marito frequentava, come del resto successivamente, il Vaticano con
assiduità, e aveva diretti contatti con il defunto pontefice Paolo VI,
con cui era in rapporti confidenziali e da cui si recava in visita
senza bisogno di alcuna formalità [...].
All'inizio della primavera [del 1982, ndr] mio marito mi disse che
voleva andare in Spagna. Gli chiesi, molto meravigliata, come mai
dovesse andare in Spagna, e mio marito mi disse che in Spagna l’Opus
Dei ha una grandissima potenza, giacché molto ricca. Era la prima
volta che mio marito mi parlava dell’Opus Dei, e mi spiegò che la
stessa poteva risolvere i problemi del Vaticano in campo finanziario e
porsi come l’elemento vincente nella lotta di potere in seno al
Vaticano fra le due opposte fazioni che si fronteggiavano da anni,
quella della Ostpolitik e quella che la osteggiava, ossia l’ala
conservatrice. Mio marito mi precisò che lui doveva favorire
l'intervento dell’Opus Dei perché solo cosi potevano essere risolti i
suoi problemi con lo Ior e le stesse difficoltà economiche del
Vaticano, specificandomi che ciò, peraltro, avrebbe mutato
radicalmente gli equilibri politici in Vaticano, giacché avrebbe dato
una posizione di forza all’Opus Dei e di preminenza all'ala
conservatrice [...].
In quel periodo tutto a un tratto Flavio Carboni non si sentì più al
telefono, e non si fece vivo per circa una settimana. Quando
ricomparve, venendo a trovarci a Drezzo, mi disse di essere tornato
con i vescovi massoni. Carboni in quel periodo aveva contatti continui
sia con la massoneria, sia con esponenti del Vaticano [...].
Mio marito mi disse testualmente: "L'Ostpolitik l'ho distrutta io. Se
in questi quindici giorni Andreotti non mi mette il bastone fra le
ruote, siamo a posto"... Successivamente mi parlò esplicitamente di
minacce di morte ricevute direttamente dall'onorevole Andreotti... Mio
marito alternava momenti di assoluta disperazione a momenti di
euforia, a seconda dell'evolversi di questo problema con il Vaticano,
in cui - a quanto lui diceva - si svolgeva una lotta furiosa tra le
due fazioni in contrasto, che coinvolgeva direttamente la questione
dei rapporti fra lo Ior e il Banco Ambrosiano.
Mio marito sosteneva con convinzione: "Se mi succede qualcosa, il Papa
dovrà dare le dimissioni", e aggiungeva che in Vaticano sarebbero
stati talmente nei guai da essere costretti a spostare la sede del
Vaticano stesso... Mio marito mi accennò di avere incaricato il
Carboni di prendere degli ulteriori contatti in Svizzera con
importanti esponenti dell'Opus Dei per accelerare i tempi
dell'operazione di intervento dell'Opus Dei e di soddisfacimento dei
debiti contratti dallo Ior...».
La figlia del defunto banchiere, Anna Calvi, interrogata il 22
ottobre, testimoniò a sua volta:
«In occasione di un fine settimana che io e mio padre passammo a
Drezzo, credo negli ultimi giorni di maggio [1982, ndr], gli chiesi di
spiegarmi che cosa effettivamente stesse succedendo. Mio padre mi
disse che per risolvere il problema dei rapporti con lo Ior avevano
messo su e portato avanti un progetto che prevedeva l'intervento
dell'Opus Dei, organizzazione che avrebbe dovuto erogare una cifra
enorme, di entità superiore ai mille miliardi di lire, per coprire
l'esposizione debitoria dello Ior nei confronti del Banco Ambrosiano.
Mio padre mi disse che ne aveva parlato direttamente con il Papa, [il
quale] gli aveva assicurato il suo appoggio e il suo consenso;
aggiunse che, però, in Vaticano vi erano fazioni contrarie, che
contrastavano vivamente la realizzazione del progetto che, ove
condotto a termine, avrebbe creato degli equilibri completamente nuovi
nel Vaticano stesso: ciò perché l'Opus Dei avrebbe acquisito il
controllo dello Ior e quindi una posizione di diversa e grande
rilevanza all'interno del Vaticano. Proprio per questi contrasti e
queste lotte intestine, mio padre era molto preoccupato. Mi disse che
contrario alla realizzazione del progetto era il cardinale Casaroli, e
disse ancora che se l'affare non fosse andato in porto lo Ior sarebbe
crollato e avrebbe coinvolto anche il Banco Ambrosiano nei suo crollo.
Soggiunse che il Vaticano si sarebbe trovato nella necessità di
vendere piazza San Pietro... Dopo avermi fatto presente queste cose,
mio padre commentò che per cifre dell'ordine di quelle che mi aveva
detto, la gente poteva benissimo ammazzare.
Il discorso con mio padre proseguì durante il pranzo, nel corso del
quale mi disse che ultimamente aveva parlato con l’onorevole
Andreotti, il quale aveva usato un tono strano e gli aveva mostrato di
non sapere gli ultimi sviluppi con l'aria di chi, invece, la sapeva
lunga... Mi disse di avere una grande paura dell'onorevole Andreotti,
perché lo sapeva legato alla fazione che, all'interno del Vaticano, si
batteva contro la realizzazione del progetto ruotante attorno all'Opus
Dei... Mi spiegò che monsignor Marcinkus era in una posizione
abbastanza precaria in Vaticano e che era stato sottoposto a una
specie di inchiesta interna per via di operazioni finanziarie
irregolari che aveva fatto e anche perché aveva una vita privata non
degna di un sacerdote. Mio padre disse che sembrava volessero
trasferire monsignor Marcinkus, per rimuoverlo dallo Ior, a un'altra
grossa carica negli Stati Uniti [...]».
Mentre la moglie e la figlia di Roberto Calvi rilasciavano a
Washington le loro dichiarazioni ai magistrati milanesi, in Vaticano
il Santo Padre si apprestava ad affrontare il viaggio pastorale di
dieci giorni in Spagna. Un viaggio intorno alla cui preparazione si
era consumato un nuovo scontro di potere tra la fazione massonico-
curiale e quella opusiana.
Contrariamente al solito, il viaggio del Pontefice nella patria
dell'Obra non era stato preparato da monsignor Marcinkus, ma dal
sostituto della Segreteria di Stato, il filo-Opus Dei monsignor
Martinez Somalo. Una decisione - assunta dal Papa su pressione
opusiana - che aveva suscitato le ire della fazione massonico-curiale,
già scossa dalla promozione del capitano della Guardia svizzera Alois
Estermann a nuova guardia del corpo del Santo Padre itinerante. La
mediazione era stata trovata incaricando padre Roberto Tucci -
direttore generale della Radio vaticana, schierato con la fazione
curiale - di recarsi a Madrid, presso la Conferenza episcopale
spagnola, per concordare alcuni risvolti del viaggio papale.
La voragine debitoria che aveva provocato il crollo del Banco
Ambrosiano apparve alla magistratura italiana come un rebus di
difficilissima soluzione. I flussi di denaro erano stati convogliati
in un reticolo di società estere protette da un ferreo segreto
bancario e ulteriormente schermati da sofisticate alchimie contabili.

Pubblicato Ottobre 30, 2003 12:45 AM


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